martedì 26 novembre 2024
L’EUROPA ORIENTALE sotto STALIN
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Unione Sovietica, dopo essersi sacrificata per la vittoria sul nazi-fascismo, si prepara ad assumere un ruolo di guida mondiale. Stalin, leader dell’URSS, impone la sua volontà sui paesi dell’Europa orientale sotto controllo sovietico, imponendo pesanti riparazioni di guerra e influenzando radicalmente le economie locali. Ingenti capitali e risorse fluiscono verso l’Unione Sovietica, rafforzando soprattutto l’industria pesante e l’arsenale militare. Nel 1949, la prima bomba atomica sovietica pone fine al monopolio nucleare americano.
Politicamente, i paesi dell’Europa orientale vengono trasformati in “democrazie popolari” sul modello sovietico, con la Bulgaria, la Romania e la Polonia che subiscono forti pressioni per adottare governi comunisti controllati da Mosca. In Cecoslovacchia, l’influenza sovietica porta all’ascesa del Partito Comunista, segnando la fine della democrazia.
La Jugoslavia, sotto la guida di Tito, rappresenta l’unica eccezione, rifiutando di allinearsi pienamente all’URSS. La resistenza di Tito provoca una frattura con Mosca, portando la Jugoslavia a sviluppare una politica estera indipendente. Tuttavia, questa ribellione avrà un prezzo: l’Unione Sovietica rafforza il controllo sugli altri stati satelliti per evitare ulteriori dissidenze, inaugurando un lungo periodo di repressioni che segnerà l’inizio della Guerra Fredda.
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