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sabato 17 agosto 2019

Leonardo da Vinci progettò la difesa contro una eventuale invasione dei Turchi?


Leonardo da Vinci, Autoritratto (Biblioteca Reale Torino)
Leonardo da Vinci, Autoritratto 
(Biblioteca Reale Torino)
 
 
 
Anche se non ci sono prove, Leonardo potrebbe avere progettato difese contro l'eventuale offensiva turca, compreso lo scafandro da palombaro per potersi immergere sott'àcqua e perforare le navi nemiche facendole affondare.
 
 
venicecafe.it

Leonardo a Venezia nel 1500 - Venice Café

Roberto Camatti



Posted by on Mar 28, 2019 in ARTE, Pittura

La Repubblica veneta aveva stretto d’assedio il ducato milanese, alleandosi con Luigi XII, nel momento cruciale dell’invasione francese, considerato che Lodovico il Moro aveva poco prima scatenato i Turchi contro Venezia. A seguito della caduta degli Sforza, il re di Francia Luigi XII fece il suo ingresso a Milano il 6 ottobre 1499 accompagnato da Cesare Borgia, duca di Valentinois, detto il Valentino (P. Pieri, 1952, p. 376 e sgg.).
Nel dicembre 1499 Leonardo lasciò Milano, dopo avervi soggiornato per quasi venti anni, con fra Luca Pacioli ed altri artisti e dotti, che si erano raccolti intorno a Lodovico il Moro.
Nel viaggio di ritorno verso Firenze, Leonardo riparò prima a Mantova dove lo attendeva già da tempo la colta marchesa Isabella d’Este, la quale, appena un anno prima, alla vista del magnifico ritratto della Dama con l’ermellino aveva ragionato con la stessa Cecilia Gallerani sul “paragone” con i ritratti di Giovanni Bellini (Beltrami 1919, doc. 88). Naturalmente anche la marchesa richiese all’artista di essere ritratta e a testimonianza di ciò ci rimane il bellissimo cartone, conservato al Museo del Louvre di Parigi, che mostra la nobildonna di profilo. Non si sa quali altre opere avesse con sé, ma indubbiamente dovevano abbondare i manoscritti e i disegni. Poi Leonardo proseguì con i suoi allievi e l’amico Pacioli verso Venezia.



Testimonianze della presenza di Leonardo a Venezia

Della sua presenza nella città lagunare nel 1500 Leonardo ha lasciato nelle sue carte un solo minuscolo ricordo, quello dei tre ducati ivi consegnati in prestito a Gian Giacomo Caprotti, detto Salai, suo allievo.
“Ricordo come a dì 8 d’aprile 1503 io Leonardo da Vinci prestai a Vante miniatore ducati 4 d’oro in oro […] Ricordo come nel sopradetto giorno io rendei a Salai ducati 3 d’oro, i quali disse volersene fare un paio di calze rosate co’ sua fornimenti, e li restai a dare ducati 9, posto che lui ne de’ dare a me ducati 20, cioè 17 prestaili a Milano e 3 a Vinegia […]”.
(Londra, British Museum, Ms. Arundel, f. 229 verso, cfr. Richter, 1883, vol. Il, p. 457, paragrafo 1525)
Marin Sanudo il Giovane, che ha scritto nei suoi Diarii resoconti estremamente dettagliati di avvenimenti della città di Venezia dal 1496 al 1533, non ricorda affatto la presenza del famoso autore del Cenacolo.
La visita non viene neppure menzionata dal Vasari che, già nella seconda edizione delle Vite, risalente al 1568, metteva in risalto l’apporto essenziale di Leonardo nella formazione della “maniera moderna” di Giorgione e, di conseguenza, anche l’influsso che l’artista esercitò nell’ambito della rivoluzione stilistica destinata a trasformare l’intera pittura veneziana del sedicesimo secolo.
Humfrey acutamente sottolinea che:
Le ragioni di questa parziale negligenza sono abbastanza ovvie: purtroppo poco si sa delle circostanze in cui si svolse la visita nel marzo del 1500, o di altri possibili viaggi di Leonardo nella laguna; non si conoscono con certezza sue opere là realizzate in una data precedente; tra l’opera di Leonardo e quella di Giorgione, o di altri pittori veneziani, le influenze non sono mai così letterali da poter essere riconosciute in modo infallibile.
(Humfrey, 1992, p. 37)
La presenza di Leonardo nella città lagunare è brevemente ricordata da fra Luca Pacioli nella sua edizione degli Elementa di Euclide, stampati per l’appunto a Venezia nel 1509, dove il frate lo rammenta insieme ad altri personaggi, nonché nella sua edizione a stampa della Divina proportione, anch’essa edita a Venezia nel 1509. Si può affermare che il Pacioli fosse ben informato sugli spostamenti e sulle attività di Leonardo considerato che lo aveva accompagnato, in partenza da Milano alla fine del 1499, a Mantova e a Venezia (Pedretti, 19782, pp. 84-85; Pedretti, 1982, pp. 12-15 e 24) e sembra che lo stesso sia stato notiziato anche dopo essersi separato dall’artista.
Un’ulteriore testimonianza è riportata nella famosa lettera del liutaio Lorenzo Gusnasco da Pavia diretta il 13 marzo 1500 a Isabella d’Este – conservata presso l’Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 1439 – nella quale la marchesa viene informata che: “E lè a Venecia Lionardo Vinci, el quale m’à mostrato uno retrato de la S.V. che è molto naturale a quella. Sta tanto ben fato, non è possibile melio” (Baschet, 1867, pp. 70-75)
L’unico dipinto al quale sappiamo che l’artista stesse allora lavorando è andato perduto oppure non fu mai portato a termine.
Marani afferma che:
Appare certo, invece, data l’esistenza di questa sola testimonianza sulla presenza di un’opera “artistica” di Leonardo a Venezia a riscontro di una serie veramente cospicua di documenti scritti e figurati di tutt’altro genere, che la breve visita di Leonardo a Venezia e nella regione veneta fu finalizzata ad altri scopi.”
(Marani, 1992, p. 24)
Leonardo da Vinci, Dodecaedro stellato
Leonardo da Vinci, Dodecaedro stellato

Motivazioni sulla visita a Venezia

La visita di Leonardo a Venezia potrebbe aver avuto due motivazioni principali: la  prima congetturale proposta solo da Marani, l’altra basata sull’esame della documentazione scritta lasciata dallo stesso da Vinci.
Marani (1992, p. 24) ipotizza che il motivo del viaggio a Venezia avrebbe potuto risiedere in una ragione comune tra Leonardo e fra Pacioli: prendere accordi per la stampa del manoscritto del Divina proportione, per il quale l’autore del Cenacolo aveva realizzato delle brillanti illustrazioni con viste prospettiche.
Nell’ultimo decennio del Quattrocento, come dimostra il Codice 8937 della Biblioteca Nacional di Madrid,
Leonardo si era interessato a procedimenti meccanici per riprodurre i suoi disegni.  L’artista-ingegnere aveva anche studiato un sistema meccanico per poter stampare simultaneamente testi e immagini (Reti, 1974, pp. 264-287 e figg. 272/1-2-3 a p. 272). Quindi è probabile che egli stesse pensando, di dare alle stampe qualcuno dei suoi “trattati”, in particolare quello sugli “elementi macchinali” di cui il codice di Madrid sembra fornire alcuni esempi di impaginazione.
Nel corso dello scorso secolo molti sono gli studiosi che hanno cercato di motivare la presenza di Leonardo a Venezia rileggendo i documenti del periodo a cavallo del 1500.
Solmi (1976) ha sostenuto la tesi che Leonardo avesse ricevuto un incarico segreto dalla Serenissima per distruggere la flotta turca e liberare i prigionieri veneziani dopo la sconfitta dell’ottobre 1499 nella battaglia navale del Zonchio e la perdita del porto di Morone.
Calvi (1982) ha smentito la proposta di Solmi perché ha dimostrato che era basata su una lettura erronea di documenti del periodo milanese, precedenti ai fatti. In particolare le pagine con i disegni del palombaro e del sottomarino, secondo Calvi sono progetti del da Vinci legati all’espansione del ducato di Milano in Liguria che risalirebbero al più tardi al 1487.
Quello che Leonardo  ha certamente fatto, quando nel marzo 1500 era a Venezia, è stato recarsi a Gradisca nel Friuli, ai confini dei territori della Serenissima (Bordonali, 2007, p. 120)
Nel foglio 215 recto del Codice Atlantico si trova un ricordo di suoi progetti, nota databile verso il 1515-16, eseguiti al tempo della sua visita del 1500 nella città lagunare.
Leonardo scrive: “Bombarde da Lion a Vinegia col modo ch’io detti a Gradisca in Frigoli e in Ovinhie [?]” e sembra alludere ad un sistema di trasporto di pezzi d’artiglieria approntato per Gradisca, confermando così il suo coinvolgimento in questioni strategico-ingegneresche.
LEONARDO DA VINCI, studi per il cavallo dedicato a Francesco Sforza
LEONARDO DA VINCI, studi per il cavallo dedicato a Francesco Sforza
L’annotazione è stata oggetto di diverse interpretazioni circa l’ultima località indicata (Udine, Avignone?), ma secondo Marani (1992, p. 20) è la testimonianza del coinvolgimento di Leonardo con la spedizione in Italia di Francesco I re di Francia del 1515 (cfr. Pedretti,  19781, p. 113; Marani 1984, pp. 47, 83, nota 180).
Solmi ha segnalato che nel foglio 638 a verso del Codice Atlantico si evince il progetto di “dighe mobili” sull’Isonzo, per fermare i turchi che via terra si erano ripetutamente spinti fin dentro i territori della Serenissima passando per il Friuli (Solmi, 1976, pp. 507-509). Dalla lettura del manoscritto, riprodotto in sequenza e discusso da Marani  (1984, p. 216) si deduce che Leonardo stesse pensando ad un sistema di palificazioni appuntite da collocare nel letto del fiume Isonzo. Nello stesso foglio sono presenti  due abbozzi di lettera che iniziano con “Illustrissimi signori mia… ” (C. Atl. f. 638 a v) e trattano della questione. Gli studiosi non hanno ancora fatto luce sull’“enigmatico ruolo svolto da Leonardo” in questa vicenda (Concina, 2006, pp. 47-53). Non è chiaro se si tratta di una relazione per il Senato veneziano, o quantomeno per un gruppo di incaricati a valutare possibili soluzioni. Solmi indica che Leonardo a Venezia tenne rapporti con la cerchia dei Grimani, considerato che  egli annota il nome di “Stephano Jligi Canonico di Dulcegno. F. familiar del R.mo Car. Grimani a Sant’apostolo” (Man. British Museum, f. 274 B).
Marani (1992, p.26) invece ipotizza che:
I manoscritti e i pochi disegni superstiti di Leonardo, che di questi cruciali mesi si conservano, potrebbero essere presi a dimostrare che Leonardo dovette essere incaricato, o dal re di Francia, o dal conte di Ligny o, infine, dal duca Valentino, di compiere ispezioni militari nel Veneto e, forse, di conseguenza, di suggerire alla Repubblica veneziana quali misure adottare per difendersi dai Turchi”.
L’incertezza che perdura tutt’oggi è dovuta dal fatto che le ricerche negli archivi ufficiali non hanno prodotto nessun documento attestante un incarico dato a Leonardo o una discussione sul suo progetto.

Autore articolo: Roberto Camatti
Autore articolo: Roberto Camatti
Roberto Camatti, laureato in economia e commercio, è l’ideatore e il direttore del sito www.venicecafe.it. E’ appassionato di curiosità veneziane e d’arte contemporanea. Vive e lavora a Venezia. 


 
ricerca.gelocal.it

Così Leonardo scoprì Giotto e la Serenissima - la Nuova di Venezia


di Elena Livieri 

Uuna delle personalità più complesse e geniali che la storia ci ha consegnato, quella di Leonardo Da Vinci, che fu architetto, poeta, ingegnere, inventore, musicista, scrittore, medico, botanico, scultore, scenografo, pittore, è stata indagata dallo storico dell'arte Costantino D'Orazio nel suo ultimo libro "Leonardo segreto", che sarà presentato oggi alle 18 alla libreria Feltrinelli di Padova e domani, alla stessa ora, a Treviso. Un excursus, quello di D'Orazio, che tocca molti ma non tutti gli ambiti sperimentati dall'artista, cui l'Expo 2015 dedicherà una grande mostra. Tra i misteri che lo storico svela nelle sue pagine emergono i retroscena del periodo che Leonardo ha trascorso in Veneto, in particolare a Venezia e Padova, all'inizio del '500. L'artista lascia Milano quando stanno per rientrare gli Sforza che non gli avrebbero perdonato di aver lavorato per i Francesi. È l'inizio dell'anno 1.500 quando Leonardo arriva a Venezia, dove il governo della Serenissima lo aveva convocato nella sua veste di ingegnere militare. Venezia è sotto la minaccia dei Turchi che sono già penetrati in Friuli. Ed è lì che viene inviato l'ingegnere, sulle rive dell'Isonzo, per studiare un sistema di fortificazioni per fermare l'avanzata turca. Leonardo riempie taccuini di disegni e progetti giungendo alla conclusione che sia inutile affidarsi alle grandi opere illudendosi di fermare la forza della natura. Meglio l'ingegno. Così, agli albori del sedicesimo secolo, viene realizzato sull'Isonzo quello che oggi potrebbe essere definito l'antesignano del Mose, un sistema di dighe mobili per regolare i livelli del fiume: l'opera è descritta nei dettagli in una lettera che Leonardo invia al Doge. Tornato a Venezia, l'artista apre uno studio: frequenta il tipografo Aldo Vanuzio e la sua cerchia perché sta pensando di stampare i suoi trattati, quello sull'anatomia in particolare. Ecco perché ha portato con sè, da Milano, il disegno dell'Uomo Vitruviano (oggi conservato nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia): doveva essere la copertina del trattato che, tuttavia, non sarà mai completato. Nel suo studio veneziano riceve la visita di Lorenzo Guzzago, emissario di Isabella d'Este che da Leonardo vuole un ritratto: secondo le ricerche del professor D'Orazio, pare che l'artista abbia iniziato il dipinto anche se non ne è stata trovata traccia. E a Venezia Da Vinci incontra Giorgione che rimarrà fortemente influenzato dalla sua mano che ricorderà "molto fumeggiante e terribilmente oscura". Anche Padova ha lasciato un'impronta, e nemmeno secondaria, sulle opere di Leonardo il quale, durante il suo soggiorno in Veneto, visita la Cappella degli Scrovegni: ed è dagli affreschi di Giotto che "ruba" i volti, capaci di svelare quelle "espressioni dei moti dell'animo" che ritroveremo, per esempio, nel dipinto della "Battaglia di Anghiari", realizzato nel 1504 a Firenze e, ancora, nel dipinto "Madonna con Sant'Anna e bambino" dove per la prima volta Leonardo usa anche il blu giottesco, che risalta nel morbido panneggio che avvolge la figura in primo piano. Leonardo è questo e molto altro: quello che emerge dall'indagine di D'Orazio è il ritratto di un genio disordinato più che un artista, uno studioso che incontra l'arte quasi come un incidente di percorso, che sa darsi un metodo scientifico solo nella ricerca storica. Che lascia la maggior parte delle sue opere incompiute perché, è l'ipotesi cui giunge l'autore di "Leonardo segreto", troppo straordinariamente avanzate per il suo tempo e rifiutate dagli stessi committenti.




 

Scafandro per palombaro

Oggetti simili a Scafandro
Categoria principale Industria Manifattura e Artigianato
Ambito culturalemanifattura italiana
InventoreTursini Luigi
Periodometà sec. XX
Anni1952 - 1953
Numero inventario414
Collocazionepiano terra, sala dei chiostri
Altezza194 cm
Larghezza60 cm
Profondità40 cm
Peso10 kg
Materialijuta, legno, plastica, vetro
Acquisizione Comitato Nazionale per le Celebrazioni Leonardesche

Descrizione

Il modello rappresenta uno scafandro in cuoio corredato di manichette di respirazione.

Funzione

Il palombaro poteva lavorare sott'acqua a scopi militari, come il sabotaggio delle navi nemiche.

Modalità d'uso

Lo scafandro è composto da: giubbone, calzoni, maschera con occhiali di vetro. Il rigonfiamento della giubba, destinato a contenere in un otre la riserva d'aria, è sostenuto da una struttura di cerchi di ferro. Con la convinzione che questa riserva potesse durare a lungo, Leonardo aveva previsto per il palombaro anche un piccolo otre per orinare, un sacco di pelle ermeticamente chiuso e fornito di una valvola, da utilizzare gonfiato o sgonfiato per la salita o la discesa subacquea e inoltre, sacchi di sabbia come zavorra, una lunga corda, un coltello e un corno per segnalare la fine delle operazioni. Le manichette per la respirazione in canna unite con giunti di cuoio; una spirale di acciaio inserita nei giunti ne impedisce lo schiacciamento determinato dalla pressione dell'acqua: uscivano in superficie ed erano sostenute e protette da uno speciale sistema galleggiante.

Notizie storico-critiche

Il foglio ha come tema principale una serie di azioni militari progettate contro la flotta nemica, probabilmente quella turca. Le azioni e gli strumenti da guerra sono affidati all'opera del palombaro.

Riferimenti Bibliografici:

  • Scienza Tecnica ''Scienza e Tecnica di Leonardo / Artiglieria-Genio-Marina-Aeronautica'' 1952 Roma
  • Sutera S. ''Leonardo / le fantastiche macchine di Leonardo da Vinci al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano /disegni e modelli'' 2001 Milano
  • Leonardo da Vinci ''Il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano'' 1979 Firenze
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